La responsabilità dei professionisti della sanità alla luce della Legge Gelli

Quale spazio alle linee guida?

Tra le novità della Legge Gelli va annoverata l’introduzione nel nostro ordinamento della nuova fattispecie di reato di cui all’art. 590 sexies C.p. alla luce della quale la punibilità per i casi di morte o lesioni conseguenti a colpa del sanitario deve escludersi qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, ma siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge.

Linee guida la cui elaborazione è demandata ad enti ed istituzioni pubbliche nonché alle società scientifiche ed associazioni tecnico-scientifiche che, rispondendo a determinati requisiti, siano iscritte in un apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute.

Il Ministero ha successivamente individuato, con decreto del 2 agosto 2017, il percorso che le società scientifiche e le associazioni tecnico-scientifiche dovranno effettuare per essere iscritte in tale elenco (si rimanda ad un successivo articolo di prossima pubblicazione con una nota critica a tale decretazione).

Ora la domanda è: è davvero sufficiente il rispetto delle linee guida (quelle già esistenti e quelle che saranno pubblicate) per liberare il sanitario da ogni responsabilità?

La risposta non è così pacifica se già la Cassazione penale (sentenza n° 28187 del 7 giugno 2017) ha chiarito che le linee guida non possono essere che raccomandazioni orientative o istruzioni di massima che non vanno applicate con automatismo ma sempre rapportandole alle specificità del caso concreto.

Si può dunque già dire che la Legge Gelli sia un farmaco inefficace contro la malattia della medicina difensiva?

 

avv. Fabrizio Mastro

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