Le società scientifiche previste dalla Legge Gelli
Un’occasione persa?
Nei precedenti interventi abbiamo accennato alle novità introdotte dalla Legge Gelli in tema di responsabilità professionale per gli esercenti le professioni sanitarie e del correlato obbligo assicurativo.
Tra gli argomenti di discussione si è affrontato il tema relativo alle cd. linee guida cioè alle raccomandazioni operative cui dovrà attenersi l’esercente la professione sanitaria per evitare un’accusa di imperizia.
In applicazione della Legge Gelli e, in particolare, ai fini della regolamentazione relativa alla “produzione†di dette linee guida, il Ministero del Salute ha emanato un decreto in data 2 agosto 2017.
Tale provvedimento dettaglia in modo specifico i parametri che dovranno essere rispettati dalle società scientifiche e dalle (non si comprende esattamente cosa siano…) associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie per poter essere iscritte in un apposito elenco (istituito presso lo stesso Ministero) e poter così dar vita a raccomandazioni accreditate.
Ciò che stupisce è l’attenzione che il decreto – nel definire i requisiti per diventare società scientifica “ministeriale†– dedica più allo spessore quantitativo delle società scientifiche che alla qualità della produzione scientifica.
Si richiede, infatti, che le società scientifiche abbiano una rappresentanza in almeno dodici regioni italiane e siano rappresentative di almeno il 30% dei professionisti nella singola specializzazione.
Tale requisito numerico è palesemente irraggiungibile per alcune professioni sanitarie: se si pensa che gli infermieri in Italia sono circa 450 mila, una ipotetica società scientifica rappresentativa dovrebbe dar prova al Ministero di avere 135 mila iscritti!
Incomprensibilmente per i medici di medicina generale (ma solo per essi) la percentuale di rappresentatività viene dimezzata (e’ infatti sufficiente – per decreto – che la loro società scientifica ne rappresenti il 15% a livello nazionale). Tuttavia dai dati Istat risulta che i medici complessivamente in rapporto con il S.S.N. siano circa 250 mila, cioè 200 mila unità in meno rispetto agli infermieri…
Sorge il dubbio – che si auspica venga smentito dia fatti – che il Ministero abbia creato i presupposti normativi per aggregazioni para-sindacali che di scientifico rischiano di avere ben poco.
Fabrizio Mastro, avvocato del Foro di Torino